| Il metodo Vaillard«A  quattordici anni ero circondato da extraterrestri. Tutti.
 Tutti i miei conoscenti, dire  amici sarebbe davvero fuori luogo, tutti i compagni di scuola, i vicini di casa  erano molle cariche pronte a scattare verso il loro destino. C’erano i  secchioni sicuri dei loro futuri successi scolastici, gli sgobboni con meno  qualità, ma pronti a spaccarsi il culo per dimostrare il loro valore. Perfino  gli asini, perfino quelli che non riuscivano manco a scrivere il loro nome col  normografo, perfino loro erano da invidiare.
 Alcuni ci sapevano fare nello  sport, altri sapevano fare andare le mani e menare cazzotti, altri ancora  passavano le giornate a farsi rincorrere dalle fighette della scuola. C’era chi  suonava nella banda e sognava la grande orchestra, chi giocava a pallone in  cortile e sognava l’Atalanta o il Milan, chi recitava all’oratorio e già si  vedeva in America.
 Io sognavo di avere sogni.»
 Carlo è una vittima, una vittima che si reinventa carnefice.Un’esistenza all’ombra di un padre violento e onnipotente e di una  madre sconfitta, schiacciata da una depressione insostenibile.
 Non ha nulla per cui lottare Carlo e ciò che è peggio, nessuno  disposto a farlo per lui.
 Così, dopo l’incontro con Antonio, personaggio enigmatico e  pericoloso, inizierà una discesa nei recessi più oscuri dell’esistenza.
 Gradino dopo gradino, poco alla volta, scendendo sempre più giù,  fino al punto di non ritorno, fino a guardare in faccia il male assoluto.
 Perché se sei davvero convinto di non aver nulla da  perdere e che nulla ti possa riguardare, allora non c’è limite a ciò che sarai  disposto a fare.
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